UN MARE DI PLASTICA CI SOMMERGERà

La plastica sta soffocando mari, oceani, l’intero Pianeta. È un materiale che non si trova in natura, ma viene sintetizzato artificialmente a partire da risorse naturali, gli idrocarburi, ossia petrolio, metano, carbone, sostanze organiche polimeriche composte esclusivamente da carbonio e idrogeno.

Ogni anno nel mondo si producono 430 milioni di tonnellate di plastica, metà delle quali monouso, destinandone al riciclo meno del 10%. Se questo trend di crescita dovesse continuare inalterato la produzione di plastica potrebbe arrivare a 1.100 milioni di tonnellate nel 2050. 

Nell’Unione europea si producono annualmente 25,8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, di cui se ne ricicla meno del 30%. 

Siamo tutti responsabili, con le nostre azioni quotidiane. Infatti, ogni anno ciascun cittadino europeo genera in media 188,7 Kg. di rifiuti da imballaggi, circa mezzo chilo al giorno, con un aumento di 32 Kg. registrato negli ultimi 10 anni, e in media 35,9 chilogrammi di rifiuti di plastica all'anno di cui meno della metà, solo 14,2 chilogrammi, effettivamente riciclati. L’inquinamento da plastica è pervasivo, ormai è presente ovunque: nel mare, persino nel mar Glaciale Artico, nel suolo, anche sulle cime delle montagne, nell’aria che respiriamo, nel cibo che ingeriamo, nell’acqua che beviamo. In forma di micro e nanoparticelle la plastica si è insinuata stabilmente nella nostra catena alimentare. È presente anche nel corpo umano.

Dal 3 luglio è entrato in vigore nell’Ue l’obbligo di commercializzare solo bottiglie in plastica con il tappo che resta attaccato per un lembo, in inglese tethered cap, il cosiddetto “tappo solidale”, per evitare che si disperda accidentalmente nell’ambiente. Una misura che rientra nella direttiva sulla plastica monouso del 2019, SUP (Single Use Plastics), la stessa che prevedeva di vietare la vendita di prodotti in plastica monouso e che è stata recepita dal nostro Paese all’inizio del 2022. Negli ultimi 30 anni, infatti, si stima che siano stati ritrovati oltre 20 milioni di tappi di bottiglie e coperchi durante le attività di pulizia delle spiagge nell'Unione europea. Attaccare il tappo alla bottiglia dovrebbe permettere di ridurre sensibilmente questo valore.

Il ciclo di vita di alcune confezioni usa e getta in plastica non va oltre 60 minuti, ma occorrono centinaia di anni perché avvenga un processo di degradazione, che non è mai completo perché la plastica tende a frammentarsi, scomponendosi in particelle piccolissime, molte delle quali invisibili ad occhio nudo, le cosiddette micro e nano plastiche, visibili solo al microscopio. Di fatto la plastica è eterna. Gli esperti calcolano che ognuno di noi ingerisca ogni settimana l’equivalente in micro plastiche di una carta di credito. 

Le minuscole particelle in cui si scompone vengono generate per la maggior parte dalla lentissima degradazione di rifiuti più grandi – bottiglie, bicchieri, sacchetti e contenitori monouso, reti per la pesca abbandonate accidentalmente o di proposito, le cosiddette “reti fantasma”.

Se non cambiamo il modo in cui produciamo, usiamo e smaltiamo la plastica il quantitativo che finisce nell’ecosistema marino è destinato a triplicare da qui a 15 anni. L’80% dei rifiuti plastici che finiscono nel mare vengono trasportati dai fiumi: Nilo, Ebro, Rodano, Po, Ceyhan e Seyhan in Turchia, sfociano tutti in mare dopo aver attraversato aree densamente popolate.

Non si esagera nell’affermare che continuando di questo passo entro il 2050 ci sarà, in peso, più plastica che pesce negli oceani. 

Anche il polistirolo, utilizzato molto nell’industria della pesca, rappresenta un grave inquinante per le acque del Mediterraneo. Solo in Italia sono circa 50 milioni le cassette di polistirolo utilizzate ogni anno per il trasporto e la conservazione del pescato. Un’alta percentuale viene dispersa in mare e sulle spiagge sgretolandosi in microframmenti. Le cassette disperse volontariamente o accidentalmente in acqua rilasciano nel tempo microplastiche che, scambiate per cibo dai pesci, entrano anche nella nostra catena alimentare con potenziali rischi per la salute umana. Per contrastare l’inquinamento da polistirolo, nasce la campagna di Marevivo “BlueFishers” che promuove un modello di filiera in linea con le normative europee sull’economia circolare, con l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di polistirene espanso nel settore ittico. La prima azione pilota si è svolta a Viareggio e ha coinvolto 58 imbarcazioni  e 70 pescatori locali, ai quali sono state donate oltre 2.300 cassette riutilizzabili e riciclabili. In pochi mesi di attività si stima che sia stato evitato l’utilizzo di 35.000 cassette di polistirolo.

La plastica in mare, inclusi i pellet, i frammenti anche microscopici, contiene di per sé additivi e in più assorbe dall’acqua altri contaminanti tra cui pesticidi, ftalati, PCB e bisfenolo A. Così nel momento in cui i contaminanti della plastica entrano all’interno di un organismo vivente interferiscono con importanti processi biologici, causando danni epatici e alterando il sistema ormonale e riproduttivo. Il plancton del Santuario Pelagos (nel Mediterraneo nord-occidentale) presenta elevati livelli di contaminanti in primis ftalati. Le balenottere comuni di quest’area hanno concentrazioni di ftalati 4-5 volte più alte rispetto ad altre aree. La plastica oltre a porre seri rischi per l’ecosistema mette anche in pericolo la salute umana.

Dovremmo attuare una rivoluzione culturale che ci coinvolga tutti, a partire dalle nostre abitudini quotidiane.

2024-07-31T11:14:05Z